Bollicine: la spumantizzazione metodo Charmat o Martinotti

Dopo aver parlato della spumantizzazione Metodo Classico o Champenoise, parleremo ora della spumantizzazione definita Metodo Charmat o Metodo Martinotti.

A differenza di quanto avviene nel caso del Metodo Classico/Champenoise, la rifermentazione del vino non avviene in bottiglia, bensì in autoclave, ovvero uno speciale contenitore ermetico termoregolato di grandi dimensioni.

Come spesso avviene nel mondo del vino, la paternità di questo procedimento è contesa tra Italia e Francia, ed è questo il motivo per cui si usano le denominazioni “Martinotti” o “Charmat”. In realtà l’idea di realizzare la spumantizzazione in un grande recipiente a tenuta fu dell’italiano Federico Martinotti (1860 – 1924), ma fu il francese Eugène Charmat a metterlo in pratica nel 1910 costruendo e brevettando la prima vera autoclave.

Le attuali autoclavi in acciaio inox (100-500 hl) sono provviste di doppie pareti e/o apparecchiature in grado di garantire il costante controllo della temperatura.

Il procedimento inizia con la scelta dei vini-base e del loro rapporto all’interno di un eventuale assemblaggio. Dopo una stabilizzazione tramite refrigerazione ed una filtrazione si ottiene la cuvée pronta per la presa di spuma. In una prima autoclave viene preparato il pied de cuve, ovvero la base di lieviti selezionati e zuccheri ed aggiunto il vino da rifermentare, fino ad ottenere la presa di spuma. A questo punto il vino rifermentato passa in una seconda autoclave, più grande, dove viene sottoposto a refrigerazione e filtrazione isobarica o centrifugazione per eliminare le fecce. Il vino passa poi in una terza ed ultima autoclave per consentire l’imbottigliamento isobarico e la tappatura.

È un sistema rapido, efficace ed economico per ottenere spumanti anche dolci come l’Asti Spumante, in cui i caratteri aromatici primari delle uve impiegate si mantengono più riconoscibili, e trova quindi la sua applicazione d’elezione con uve aromatiche come Malvasia o Moscato o semi aromatiche come ad esempio la Glera, da cui si ottiene il celebre Prosecco. Questo metodo viene infatti impiegato anche per la produzione di spumanti secchi, a partire da vitigni a bacca sia bianca che nera (come nei casi del Lambrusco e del Raboso).

Si ottengono generalmente vini meno “importanti” rispetto a quelli spumantizzati col Metodo Classico, con colori più tenui, profumi più fragranti e meno complessi, sapori più freschi e meno strutturati, ma proprio per questo più economici e di pronta beva, particolarmente apprezzati come aperitivo o anche a tutto pasto.