L’alta scuola della Birra a fermentazione spontanea

Sul miracoloso evento che coinvolge la vita di piccoli microscopici birrificatori, che festeggiano e banchettano con gli zuccheri del mosto, tra minuscole magie dal gusto pirotecnico, si potrebbe scrivere un avvincente e romantico romanzo.

“La poetica festa della fermentazione”.

Nel tempo l’uomo ha imparato ad assecondare queste magie, ad innescarne i processi, sempre ricercando i migliori ambienti per permetterle e potersene così godere gli spettacolari effetti.

Abbiamo imparato a farlo nei modi più raffinati, ma soprattutto -prima degli stili e di qualsiasi speziatura- attraverso le differenti temperature di fermentazione.

Quindi alta fermentazione a temperature elevate o bassa fermentazione a temperature decisamente più contenute, come sintetizzato all’inizio di questo interessante articolo dedicato all’alta fermentazione.

La poetica dimensione della fermentazione spontanea nasce per assecondare quella magia nel suo ambiente più libero, nella sua temperatura naturale.

Il Mastro Birraio si trasforma in un antico stregone

in un poeta dei profumi e dei colori, del perlage e dei mille gusti speziati. Per fare in modo che batteri, lieviti e mosto si incontrino naturalmente e che la fermentazione inizi, si mette a raffreddare il mosto di birra in grandi vasche, poco profonde, orizzontali. In questo modo si massimizza l’impatto della superficie a contatto con l’aria per questa naturalissima fermentazione aerobica.

Dopodiché, il mosto viene pompato in botti di castagno o di rovere dove fermenta. Alcuni produttori illuminati, come Cantillon, utilizzano anche anfore che vengono lasciate a fermentare in una sorta di cantina.

L’esposizione avviene comunque solo nei mesi freddi, e la birra può essere bevuta già alla fine dell’estate seguente, come prodotto giovane, ma si possono trovare facilmente birre di questo tipo invecchiate anche fino a 3 anni.

Il Lambic è lo storico stile (da molti definito come l’anello mancante tra vino e birra) e capostipite della generazione a fermentazione spontanea, quindi degli interessanti e profumatissimi sottostili nati da lui, per quanto di recente si parla di “Iris” come un nuovo stile di fermentazione spontanea a sé.

La cosa è attualmente dibattuta, anche se il famoso degustatore L. Dabove (Kuaska, ndr) la considera effettivamente uno stile a tutti gli effetti, vedi qui la classificazione (in basso alla pagina).

La zona di produzione è rappresentativa della regione del Pajottenland. Essa è limitata alla valle della Senne a sud ovest di Bruxelles e nella capitale nel quartiere di Anderlecht. Il Lambic viene prodotto con malto d’orzo e frumento non maltato, luppolo vecchio di 2/3 anni povero d’aroma e caratteristiche amaricanti, che conferisce stabilità al prodotto e caratteristiche particolarissime, decisamente intense e vinose.

Questi lieviti, che si trovano nell’aria (di quella specifica zona), vengono così naturalmente a contatto con il mosto, innescando il miracolo di cui abbiamo parlato, ed effettuano così la trasformazione degli zuccheri in alcol, generando l’anidride carbonica.

In questa famiglia molto ampia di lieviti naturali ne sono stati individuati alcuni chiamati Batteriomyces Bruxellensis e B. Lambicus. Lo stile prende così il nome, che può essere utilizzato solo per le birre prodotte con questo metodo tradizionale e fermentate con i lieviti sopracitati.

Le birre prodotte con questo stile al di fuori di quell’area sono normalmente note come “Lambic-style” o “plambic” (pseudo lambic), inoltre, una legislazione poco attenta alla salvaguardia della tradizione ha fatto in modo che non fosse escluso dalla denominazione Gueuze (miscela di Lambic con età che vanno dai tre anni a meno di un anno) un mosto non prodotto al 100% attraverso il metodo della fermentazione spontanea.

Quindi, molti prodotti etichettati come “Gueuze” contengono, in realtà, una percentuale di normale birra ad alta fermentazione. Questo però, personalmente, credo che abbia permesso ai Mastri Birrai semplicemente di accedere ad un più ampio scenario di possibilità e, quindi, di permetterci di godere un maggiore ventaglio dei loro lavori.

Quando c’è genuinità c’è qualità: questo trascende ogni limite.

Stappando una bottiglia di Lambic o di uno dei sottostili che stiamo per vedere, l’ambiente attorno alla bottiglia si trasforma in una cantina artigianale, con i profumi dei muschi, muffe dei muri, pregiate bevande sparse negli incidenti di imbottigliamento. L’ambiente muta in una bolla di profumi.

Dalla fermentazione spontanea nasce dunque l’epica tradizione di:

  • Lambic malto d’orzo e frumento non maltato. Il risultato è una birra acida molto complessa e piatta. Solitamente il Lambic “base” viene utilizzato per la produzione degli altri stili.
  • Gueuze – Lo stile Gueze è prodotto miscelando lambic vecchio con del lambic giovane, Quest’ultimo garantisce la frizzantezza allo stile rendendolo simile al Lambic ma con caratteristiche eleganti e pregiate, a seconda del birrificio.
    L’affascinante metodo di rifermentazione in bottiglia varia a seconda del grado di maturazione delle birre Lambic utilizzate, infatti lo scopo di questa miscelazione è la ricostituzione della frazione destrinica da parte del componente giovane in modo da permettere la rifermentazione in bottiglia con produzione di CO2.
    Dopo la miscelazione avviene subito l’imbottigliamento cui segue la rifermentazione che dura circa 4-6 mesi. Il metodo è simile a quello usato per gli spumanti italiani a metodo classico o vini francesi con metodo champenoise.
  • Kriek e Framboise – Le birre in stile Kriek vengono prodotte facendo fermentare assieme alla birre delle ciliegie tipo “Griotte” (durante la fermentazione vengono consumate fino al nocciolo, in circa 5 o 6 mesi).
    Il risultato viene miscelato al lambic giovane rendendo lo stile frizzante, con note di legno e stupendi aromi di cherry.
    Se, al posto delle ciliegie, vengono usati i Lamponi, lo stile si definisce Framboise. Esistono anche altri tipi di lambic con l’aggiunta di ulteriori tipi di frutta.
  • Faro – Lo stile Faro, oramai quasi scomparso, consiste in un Lambic a cui viene aggiunto zucchero candito bruno per attenuarne l’acidità.

Sinceramente mentre scrivevo mi è venuta l’acquolina ed una sete non indifferente, quindi nella speranza di aver acceso quantomeno la curiosità di scoprire questa favolosa e poetica dimensione della birra tradizionale in chi non avesse ancora avuto occasione di approcciarvici… mi apro una splendida Vigneronne di Cantillon, che è una sorta di pregiatissimo “Lambic all’uva”, ottenuto con uva di moscato rigorosamente italiana :)

Anzi lascio una breve descrizione giusto per essere sicuro di ingolosire anche i più diffidenti! Su un blog (qui) ho trovato qualcuno che è più bravo di me a descriverne le caratteristiche, ma confermo sinceramente ogni sillaba:

“Vigneronne è una birra di colore dorato leggermente pallido e velato: in superficie si forma un dito di schiuma bianca che però svanisce molto rapidamente. Il bouquet olfattivo si compone di note lattiche, legnose, di sudore e di cantina che sono bilanciate da quelle più gentili di uva e fiori. Man mano che la temperatura si alza emergono note dolci che ricordano l’albicocca e quasi il marzapane. Il percorso continua in linea retta al palato, riprendendo sopratutto le caratteristiche meno “ostiche” del lambic: evidente il suo carattere vinoso, con l’uva (aspra e dolce) affiancata dalla mela verde. L’acidità (lattica e leggermente acetica) è molto ben controllata, con una pulizia impeccabile ed una secchezza tannica che la rende molto dissetante e rinfrescante, soprattutto se bevuta fresca. Ma la soddisfazione è grande anche lasciandola riscaldare, per far meglio far risaltare la componente vinosa con il leggero ma sorprendente dolce dell’uva matura e dell’albicocca, che preferisco. Leggera e scorrevole, poche bollicine, chiude con una punta amara lattica e qualche suggestione di scorza di limone; una bellissima bevuta, ricca di piacere e di emozioni, elegante senza compromettere il proprio carattere rustico e contadino.”

Ciao a tutti e alla prossima!